Nell'arte fotografica di Marina Giannobi, l'oggetto visivo si crea da una ricerca riflessiva ed intimistica, il cui effetto porta alla conoscenza di personaggi che affollano spazi vuoti formando "luoghi".
L'immagine si definisce come concretizzazione di una reazione immediata e fulminea, che non necessita di un'osservazione consapevole, la mano, padrona assoluta della tecnica, esegue e rende visibile, nell'attimo in cui lo spirito comincia a dare una forma, ciò che quest'ultimo intravede.
In questo modo l'artista coglie nello steso tempo la totalità e l'individualità di tutte le cose, attraverso un'intuizione che si delinea come la "presenza di spirito" che muove l'opera stessa.
"Le arti spirituali", scrive Daisetz T. Suzuki, "non perseguono alcun fine pratico e neppure si propongono un piacere puramente estetico, ma rappresentano un tirocinio della coscienza e devono servire ad avvicinarla alla realtà ultima".
L'opera di Giannobi si configura come la realizzazione di un'esperienza per percezione diretta, che vede l'atto di fotografare come strumento per oltrepassare i confini dell'Io: fissa il movimento , quale sintesi dell'affermazione e della negazione, l'essere é il divenire ed il divenire l'essere.