E-motion, e-mail, e-moticon. Il movimento, la comunicazione, l'emozione. Eccoci, abitanti del pianeta, forme e luci, piccoli alieni, particolari secondari, figure sullo sfondo di un grande scenario quotidiano. Eccoci, mentre trasciniamo i nostri gesti, ci sfioriamo senza vederci, scompariamo scivolando via. Senza contatti, non parole, non interazioni. Ma l'incontro impossibile avviene. Nei palazzi, nei musei, nei luoghi alla moda, nei locali pubblici, "passano" figure che fluttuano nel subliminale. Un "taglio" preciso e netto. Una scelta. Campo lungo, sfondo. Primo piano, dettaglio. Non dettagliato, però. L'obiettivo punta e "spara" nel mucchio. Poi svela, piano piano. Porta in evidenza, fa parlare, esprime. Un movimento che, per quanto rapido, impressiona la pellicola. E si fa oggetto, fatto a mano, da tenere in mano. Fotografia, non immagine digitale. Realtà, sempre e comunque. Protagonisti secondari, ma sempre protagonisti. In quanto uomini e donne che vivono nello stesso spazio. Quello del pubblico. Quello dove ci si incontra e scontra, dove si mangia (in fretta), dove c'è l'arte (immobile), dove si osserva per essere osservati (sguardi sfuggenti). La deformazione è naturale. L'ossessione spinge al "furto". La testimonianza della fotografia non è passività di fronte al mondo. È scelta. Di affidarsi alla realtà e al proprio occhio. Selezionare il set, eliminare il contesto, proporre una visione. La visione.